REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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LE VISIONI INQUIETE DEI RADIOHEAD AL LOOP FESTIVAL
L’immaginario visivo dei Radiohead si fonda, come anche la scrittura e il sound, sull’evocazione di un universo esistenziale in decadenza in cui ogni riferimento a qualcosa di collocabile cronologicamente diviene una rappresentazione di collisione e caducità e dove l’essere umano non ha spazio se non in un habitat lunare, postatomico, lontano nel tempo e nello spazio perché non collocabile in segmenti parziali.
L’astrattismo e la frammentarietà come stile inconfondibile dominano la scelta visiva degli iBlips di Kid A che si inseriscono perfettamente nel percorso video fatto dai Radiohead in cui, da sempre, domina una scelta fortemente spersonalizzante, alienante, che non si distacca mai totalmente dalla realtà ma la trasfigura e la rappresenta come un incubo; lo straniamento dal mondo circostante come cifra stilistica è evidente nella relazione tra l’uomo e ciò che lo circonda anche quando sembra non esserci nulla attorno; anche quando la macchina da presa è puntata sui componenti della band, l’inquietudine che genera quell’astrazione tra l’uomo e lo spazio è, in forma esplicita o implicita, presente; due esempi su tutti: No Surprises di Grant Gee e Jigsaw Falling Into Place, girato tutto in GoPro da Adam Buxton e Garth Jennings.
L’esempio di Just è indicativo: qui l’elemento irrazionale, l’inquietudine, non sono ancora del tutto dominanti, perlomeno nella costruzione del racconto e nella grafica del videoclip, ma subentra come uno strisciante e angosciante dubbio rimasto irrisolto; nelle elaborazioni successive ci sarà un’esasperazione di questa componente sia riguardo l'aspetto narrativo che quello estetico.
Può accadere così che il paesaggio metropolitano divenga stilizzato, defraudato dalle componenti antropiche (Pyramid Song e House of Card); la presenza umana, la folla, rappresentino un’angosciante labirinto in cui è impossibile trovare una via d’uscita (Go to Sleep) se non tramite una surreale e picaresca avventura come in Paranoid Android, con i suoi riferimenti al personaggio di Marvin l’Androide Paranoico nato dalla penna di Douglas Adams.
I tentativi rimangono allora pochi; su tutti: il ritorno all’infanzia, ai miti, alle favole, al disegno animato; ma nelle rappresentazioni visive di Gastón Viñas il rifugio nella fantasia è un incubo che tramuta le favole in angoscianti e ironici universi paralleli. A Wolf at the Door, sogno paranoico realizzato visivamente con il richiamo a un immaginario onirico infantile fatto di ombre e fantasie tetre, si appoggia a malinconici quadri ripresi dai silent film, tele e pellicole espressioniste; gli incubi diventano reali e anche il legame con la natura si fa prevaricante, uno scontro in cui l’uomo soccombe come nel grottesco espressionismo di 2+2=5, diretto sempre da Viñas. Tematiche presenti anche nelle animazioni del video There There di Chris Hopewell, girato a velocità alterata avvalendosi della tecnica del live action e della stop motion, in cui ritorna l’idea di inquietudine legata al contesto in cui il protagonista agisce: Thom York in una foresta che sembra raccontata da una versione surreale dei fratelli Grimm si imbatte in un immaginario che richiama le creazioni di Jan Švankmajer unite a inquietudini hitchcockiane.
I Radiohead, nella loro carriera, hanno saputo dimostrare come le scelte testuali e musicali possano realizzarsi in immagini, atmosfere e paesaggi esistenziali ben precisi; ancor prima dei videoclip, nei testi e nelle sonorità della band inglese sembra echeggiare una consapevolezza dell’horror vacui e allo stesso tempo un’adesione a questo vuoto come presa d’atto dell’umana disfatta (basti pensare a brani come How To Disappear Completely e Codex).
Una creazione, quella della band inglese, che è generazione continua di nuovi mondi, nuove visioni e sonorità, di nuove dimensioni, come accade nel video di Reckoner, una rappresentazione della realtà in cui, come sostiene Winston Smith in 1984, «non si tratta di falsificazione, ma solo della sostituzione di un’assurdità con un’altra».
Si parlerà dei Radiohead al Loop Festival giovedì 5 novembre
il sito: www.loopfestival.it
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A cura di Marilù Ursi