REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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RICK AND MORTY E LA NARRAZIONE VERTIGINOSA
Cosa succede quando la
famiglia Simpson si fonde con Ritorno al Futuro? E se il racconto si fa dissacrante, cinico,
spietato?
La serie animata Rick
and Morty è un’invenzione
continua, e ciascuna puntata contiene spunti narrativi che basterebbero per
riempirne almeno tre. L’idea di base ruota attorno all’interazione fra lo
scienziato geniale e privo di morale Rick, che parla inframmezzando il suo
eloquio a rutti, e il suo inetto nipote Morty, un preadolescente che viene
trascinato suo malgrado in universi paralleli e in avventure sconclusionate.
Il contesto da cui partono
per le loro peripezie è quello della tipica famiglia statunitense composta dai
due genitori infelici e frustrati (Jerry e Beth, doppiata da Sarah Chalke, la
dottoressa Elliot di Scrubs) e
dai due figli mediocri: Morty e sua sorella Summer. Ma il nonno Rick sconvolge
costantemente la routine casalinga per aprire varchi spaziotemporali,
scombinare il DNA del genere umano o divertirsi a contrastare il Diavolo, per
cui Summer lavora in una puntata.
Dietro l’inventiva
vertiginosa di Rick and Morty c’è
il genio creativo di Dan Harmon,
il creatore di Community che ci
ha abituato alla metanarrativa seriale, all’autoconsapevolezza dei personaggi
di appartenere a un universo di finzione in cui è facile cadere nella banalità.
Co-creatore Justin Roiland, che ha lavorato per la Disney e per Adventure
Time.
Se il modello dichiarato
di Harmon (un vademecum necessario per convogliare le energie creative in uno
schema ripetibile) è quello del monomito di Campbell, questo viene
completamente stravolto: il mondo ordinario di partenza è presentato sempre
molto rapidamente (nella puntata pilota della prima stagione Morty è strappato
dal suo letto e scaraventato sull’astronave del nonno, che lo avvisa di aver
deciso di distruggere l’umanità), il ‘viaggio dell’eroe’ non ha scopi
redentivi e nessun messaggio viene riportato nel contesto di partenza. Le puntate sono prive di morale. E se a questo la
progressione Simpson-Griffin-American Dad ci aveva abituati, con Rick and Morty ci si spinge oltre.
È così che nella prima
puntata della seconda stagione – andata in onda su Adult Swim lo scorso 26
luglio –, mentre Rick, Morty e Summer vedono la propria realtà moltiplicarsi in
numerose versioni alternative (immerse in un cielo pieno di gatti di
Schrödinger), alla domanda di Marty su dove siano i suoi genitori, un
disinteressato Rick risponde che saranno sicuramente nel bel mezzo di una
noiosa narrazione sulla loro storia infelice (che vediamo, e non è affatto
noiosa).
Rick and Morty è una serie di animazione per gli spettatori
seriali che hanno interiorizzato i modelli narrativi televisivi e che hanno
bisogno che questi vengano utilizzati, mischiati, citati. C’è del Doctor Who nelle ambientazioni e nella natura della coppia di
protagonisti, bilanciati e complementari, c’è Futurama ma senza buoni sentimenti, ci sono riferimenti in
ogni puntata e riflessioni sulla struttura delle storie (per esempio, quando è
Morty a voler scegliere un’avventura, i due corrono il rischio di impantanarsi
in una storia priva di colpi di scena).
In pieno postmoderno
seriale, forse anche dopo prodotti come questo qualcuno sentirà il bisogno di
un ristorno alla narrazione lineare e a qualche forma di realismo, ma nel
frattempo possiamo godere di una sollecitazione continua nella visione di questa straordinaria serie di
animazione.
a cura di Carlotta Susca