REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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L'AMLETO CORSARO NATO A SCAMPIA IN SCENA TRA I FUTURI POSSIBILI DEI TEATRI DI BARI
La grande tragedia, scrive Jaspers, sorge nelle età di
transizione; in epoche di grandi rivoluzioni politiche e sociali, come un processo di rapida
autocombustione, si esaurisce in poco tempo.
Non è
casuale che, in una Napoli attuale, l’Amleto shakespeariano è burlato e
parodiato in questa versione andata in scena, lo scorso 19 marzo, al Teatro
Kismet per la stagione Futuri Possibili
dei Teatri di Bari; uno spettacolo, Hamlet
Travestie, nato nell'ambito del
progetto Tfaddal promosso dal Teatro Franco Parenti per i 40 anni dall'Ambleto
di Testori. Una messa in scena che attraversa i territori della più classica
tragedia di vendetta e dell’antica farsa partenopea con un piglio “corsaro” che
ben si addice alla compagnia costituita a Scampia, grazie all’esperienza di
formazione nata sotto l’ispirazione della non-scuola di Martinelli – Teatro
delle Albe – e, portata avanti, con passione e impegno, da Emanuele Valenti e
Marina Dammacco, compagnia dal nome, appunto, Punta Corsara.
Hamlet, la
tragedia di William Shakespeare, di cosa tratta se non di un ragazzo
schiacciato dal suo nome, lo stesso di suo padre, e dal destino che i suoi familiari
sembrano aver scritto per lui? L’Amleto Barilotto interpretato da Gianni
Vastarella – anche autore del testo insieme a Valenti – è un giovane un po’
depresso, un po’ inetto, al quale è venuto improvvisamente a mancare il padre e
che, non collaborando nell’economia familiare, desta enorme preoccupazione nei
suoi cari. Le dinamiche regali del principe di Danimarca si tramutano nelle
vicissitudini quotidiane e nei problemi finanziari legati alle attività della
bancarella di proprietà dello zio Salvatore e di sua madre Amalia, i Claudio e
Gertrude partenopei interpretati da Christian Giroso e Giuseppina Cervizzi accompagnati dallo
spassoso pseudo-Laerte Ciro Liborio (Vincenzo Nemolato), dalla tamarra Ofelia – Ornella (Valeria Pollice) e da suo padre, Don Liborio, un Polonio
ossessionato dal ruolo di capocomico, interpretato dallo stesso Valenti, in
veste anche di regista.
Il principe di Danimarca, attraverso la parodia burlesca
dell’Hamlet Travestie di John Poole,
funzionale più al titolo che alla struttura drammaturgica, raccoglie a piene
mani gli escamotage del Don Fausto di
Antonio Petito da cui è tratta la messa in scena terapeutica della tragedia
classica in un contesto umile e spesso dirottato verso la farsa; una struttura
metateatrale che si scatena in esilaranti trovate sceniche affidate a un
disegno luci sincopato e a una scenografia semplice, mobile e dinamica che, con
l’ausilio di panche, disegna lo spazio per la recita orchestrata dai parenti di
questo contemporaneo Amleto.
Una recita a tutti gli effetti dell’Amleto shakespeariano
che, all’apparenza, servirebbe a far rinsavire l’omonimo protagonista
partenopeo; più utile, a dirla tutta, a svelare le dinamiche familiari
all’insegna di rapporti utilitaristici che, nelle nobili famiglie di Danimarca
come in quelle di mercanti piccolo borghesi, intaccano le relazioni familiari.
Entrambi gli Amleto, quello elisabettiano e quello corsaro,
sono schiacciati dal ruolo che la famiglia ha loro assegnato; uno status che li
pone nella condizione di una rivolta, un cambiamento, che investirà tutto il
nucleo familiare. E se l’età di cui parla Jasper fosse intesa in senso anagrafico?
Il lavoro a Scampia continua con gli adolescenti e, con
laboratori, studio e formazione, indirizzati a un’età in cui è possibile
davvero guardare il teatro e il mondo con occhi nuovi e rivoluzionari perché,
in fondo, come diceva Rimbaud, “a 17 anni non si può essere seriosi”.
A cura di Marilù Ursi