REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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INTERVISTA A LUIGI ABIUSI
Sarà dedicato ai Mogwai il secondo appuntamento del Loop Festival, martedì 2 maggio al Cineporto di Bari. A raccontare il gruppo di Glasgow, insieme al direttore artistico Michele Casella, sarà il critico e scrittore Luigi Abiusi, direttore della rivista “Uzak.it”, firma di “Filmcritica” e selezionatore per la Settimana Internazionale della Critica a Venezia. Abiusi, che dirige la rassegna Registi fuori dagli scheRmi, ha pubblicato Per gli occhi magnetici. Campana Pasolini Erice Tarantino (CaratteriMobili 2011), Tempo di Campana (Graphis 2008); ha curato Il film in cui nuoto è una febbre. Registi fuori dagli scheRmi (CaratteriMobili 2012).
Come e
quando è nata la tua passione per i Mogwai?
Sarà stato il '98 o l'anno dopo. Mi ero ri-scoperto in
quel periodo particolarmente incline alle spazializzazioni, alla protratta
strumentalità propria del kraut e dello space-rock (mia grande passione ancora
oggi) e in quegli anni si declinavano in alcuni esempi che si ponevano fuori
dal grunge: ad esempio i Kyuss, soprattutto Welcome
to Sky Valley; i Tool; su un altro versante, cioè quello del rock
progressivo, i Porcupine Tree; su quello elettronico i Chemical Brothers di Dig Your Own Hole ecc. Perciò quando, in
un pomeriggio slavato dell'autunno di quell'anno, ascoltai Mogwai Fear Satan capii di aver trovato un altro appiglio (forse il
più importante) al tipo di ricerca che all'epoca andavo facendo, non solo nel
campo della musica: il tempo, gli spazi dilatati, le panoramiche liriche.
Esiste un
suono che è soltanto il loro, che è unico?
Gli attacchi improvvisi di distorsione, carica di alti, come una lamiera
tagliente, un momento di solidificazione della musica, che nonostante derivi da
certo shoegaze, è propriamente dei Mogwai. Da lì, nel mezzo del muro del suono,
emerge sempre un motivo, un brandello di idillio, anche se ancora distorto, che
dice sempre la loro fiducia in un che di armonico.
Anche
cinema e TV sono un aspetto importante della loro produzione: penso alle
colonne sonore per The Fountain – L’albero della vita di Darren
Aronoksky o a serie televisive come Les Revenants e The Family. Quando
si tratta di musica per immagini cosa avviene?
I casi sono due, mi pare: o ci si attiene alla struttura o al tenore
della musica, andando “a tempo” (vedi Mexican Gran Prix); oppure ci si
discosta dal brano, facendo, con le immagini, un'altra cosa e creando così un
terzo luogo di significazione che nasce proprio da questa discordanza, come
accade ad esempio in San Pedro. Anche se è tutto aleatorio, visto il
tipo di linguaggio, astratto, non analogico, che è quello musicale. In questo
senso il videoclip è davvero uno degli strumenti di evocazione più visionari in
circolazione.
E cosa ci
raccontano o mostrano dei Mogwai, i videoclip?
Ci raccontano della loro sensibilità, anche fragilità di ragazzi sognanti
(con il contraltare di improvviso furore), e della loro immaginazione; una
malinconia che è dei pomeriggi trascorsi in solitudine sotto il cielo di
Glasgow: nuvole e palazzi grigi; poi l'evasione in controluce, da un vetro, fino
magari a veder le stelle di cristallo nell'oscurità, e fino alla possibilità,
alzati i piedi da terra, di nuove aggregazioni di segni nei rave tapes.
In questo senso il video di Rano Pano diretto da Tom Scholefield è esemplare.
E videomaker
e registi con i quali i Mogwai dovrebbero assolutamente collaborare, secondo
te?
Mi vengono in mente due francesi che conosco abbastanza bene: Yann
Gonzalez ed Héléna Klotz, registi che hanno dimostrato una certa dimestichezza
con le notti, gli spazi, i deliri, le stelle fredde.
a cura di Leonardo Gregorio
LOOP FESTIVAL: MOGWAI
MARTEDì 3 MAGGIO
@ Cineporti di Puglia / Bari
Padiglione 180, Fiera del Levante
Lungomare Starita, 1
70132 Bari
www.loopfestival.it
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#LoopFestival
INGRESSO GRATUITO