REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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LA REALTà ANELANTE DI REZZA-MASTRELLA
Lo scorso 28 e 29 aprile il
Teatro Kismet ha ospitato Anelante,
ultima produzione di Rezza-Mastrella, una performance che ha chiarito il
percorso avviato da anni dalla coppia romana: “…usiamo un linguaggio moderno
fatto anche di immagine e il corpo che verrà pian piano a mancare è la nostra
forma di lotta; Anelante e Fratto X sono due lavori che nascono al
contrario degli altri perché negli altri lavori abbiamo reso la realtà una
visione, in Fratto X e Anelante è la visione che diventa realtà:
Fratto X è la luce e Anelante è una schermata di computer”.
È ormai chiaro che la dissacrante coppia Rezza-Mastrella ha
intrapreso una strada di deflagrazione dell’impianto scenico tradizionale, del
racconto drammaturgico e dei ruoli prestabiliti all’interno dell’economia
teatrale. L’autodefinizione della compagnia chiarisce subito la sua identità,
unica nel panorama teatrale: habitat (non scenografie) di Flavia Mastrella e performance
per un testo “mai scritto” da Antonio Rezza.
Date le pratiche a cui la coppia ci ha abituato: la
dissoluzione della drammaturgia testuale in favore di una scrittura tutta
scenica, in azione, si sommano, questa volta, una concezione collettiva e
accentratrice allo stesso tempo, una visione che porta in scena altri attori,
li meccanicizza e gli attribuisce il ruolo di coro vocale e fisico. Oltre a Ivan
Bellavista, in scena, per la prima volta, altri tre attori: Manolo Muoio, Chiara
Perrini, Enzo di Norscia; Rezza non è solo sul palco ma la scena è tutta per
lui.
Non più l’abbattimento della “quarta parete” tramite
l’invasione del pubblico in scena di Fotofinish
né la presenza di personaggi robotizzati come Timothy di Fratto X; in Anelante la
voce multistrato di Rezza non doppia gli altri personaggi in scena ma viene
amplificata e riportata come un’eco straniante.
Se il concetto di habitat di Flavia Mastrella si fa sintesi
in una scenografia scomponibile e versatile, il lavoro di sfinimento sul corpo
e sul linguaggio di Antonio Rezza giunge all’elaborazione di una drammaturgia
che trova nel silenzio e nello spiazzamento la sua cifra significante; il ritmo
è complesso e rivendica l’attenzione dello spettatore in un dialogo scenico che
è, prima di tutto, un dispositivo lanciato non verso il pubblico ma contro di
esso.
Anelante è di certo lo spettacolo più complesso finora
portato in scena da Rezza-Mastrella e manifesta un momento chiaro di
transizione della compagnia, un tentativo di distruggere, abolire il corpo
sulla scena, automatizzandolo in un esercizio corporeo e fonetico di replica. Il corpo, dopo aver attraversato la modulazione in funzione
dell’habitat (come in Pitecus e Fratto X), questa volta si nasconde, si
cela, o addirittura agisce al buio, aspira a qualcosa, non rimane impassibile,
e si manifesta appunto come qualcosa di anelante.
A cura di Marilù Ursi