REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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UNO SPETTACOLO (E UNA PROTAGONISTA) OLTRE LE CONVENZIONI
Passato
e presente, tradizione e novità, musica e teatro. Questi gli elementi che
costituiscono l’eccellente riadattamento di Carmen
per la regia di Mario Martone,
con le musiche dell’Orchestra di Piazza Vittorio e la sceneggiatura di Enzo Moscato. La novella di Prosper
Mérimée e l’opera di Bizet mostrano dei temi mai stantii, che pur appartenenti
ad epoche storiche lontane, mantengono un’impressionante verosimiglianza e
un’aderenza con la realtà. Questa è già la prima dualità dello spettacolo
andato in scena al Teatro Petruzzelli di Bari il 28 e il 29 aprile: la modernità
nell’adattamento proposto da Martone e le tematiche che sembrano uscite dalla
penna del drammaturgo soltanto ieri.
Lacarmèn è il testo scritto da Moscato, stesura napoletana dalle pagine di Mérimée, creata ad hoc per la produzione del Teatro di Roma e dello Stabile di Torino. La principale novità della riscrittura è l’ambientazione che passa dalla classica Siviglia alla Napoli del dopoguerra, città mediterranea dalle mille contraddizioni e sfaccettature, in cui confluiscono lingue e culture diverse e che diventa protagonista insieme agli attori della tragedia.
Carmen è Iaia Forte: magnetica ed esplosiva
anche nella sua cecità. «Una donna allo
stesso tempo puttana e filosofa», che si svela lentamente al suo pubblico
mostrando un dirottamento del suo destino. La Carmen di Martone infatti, non morirà per mano del suo vecchio
amante, ma combatterà la morte, sebbene debba convivere con la mutilazione e la
perdita della vista. Carmen è viva, è libera. Carmen è fuori dalle convenzioni.
È determinata e moderna, un personaggio talmente fuori dall’epoca in cui è
stato pensato, per questo tanto attualizzabile. Non si perdono però i tratti
zingareschi e sfrontati della versione originale, proponendo una Carmen sempre
verace e padrona del palcoscenico. Una grandissima prova per la Forte, superata
brillantemente.
Ottima interpretazione di Roberto De
Francesco, nei panni di Cosè, soldato forestiero dal riconoscibile accento
veneto caduto anche lui nel folle tunnel amoroso di Carmen. Egli ci appare
inizialmente rinchiuso in una cella carceraria sull’isola di Procida in quanto,
ammaliato dalla donna e folle d’amore, si è macchiato di numerosi delitti per
riaverla con sé. Un lieto fine che non avverrà mai e che invece vedrà rinchiuso
Cosè nel carcere e nel perpetuo dolore lontano dal suo amore.
Una menzione a parte merita l’Orchestra
di Piazza Vittorio diretta da Mario
Tronco, che pare inizialmente una “normale” orchestra ben sistemata e a suo
agio nella buca dedicata, ma poi diventa parte integrante del cast di attori. I
musicisti, salendo e riscendendo dal palcoscenico, si prestano a vestire i
panni di soldati, contrabbandieri, anche ballerini, creando un effetto corale
straordinario ed unico. Il collettivo di musicisti è un elemento in più che
completa il coraggioso riadattamento di Martone.
L’arrangiamento musicale affidato a Mario
Tronco e Leandro Piccioni
puntella l’universo ricreato di Carmen di musicalità gitane che si mescolano ad
echi partenopei, spagnoli ed africani, non tralasciando i motivi riconoscibili
e più famosi di Bizet.
Il risultato finale è
sorprendente, fuori dagli schemi, lontano dagli standard classici a cui si è
abituati se si pensa ad un’opera classica. La regia meticolosa di Martone
riesce a convogliare tutte le forze che agiscono sul palcoscenico, dai giovani
attori e quelli con maggiore esperienza, per arrivare naturalmente ai
musicisti, che mi mescolano e confondono donando al pubblico un’opera
“ringiovanita”.
A cura di Fabiola Barile