REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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QUANDO CHAPLIN, DOPO AVER RIEMPITO I SUOI POLMONI CON L’ARIA DELLA CONTESTAZIONE SOCIALE, DECISE DI PARLARE
“Ovviamente, c’erano in lui alcune delle qualità che aveva
lo stesso Hitler. Anche lui dominava il mondo, o meglio lo creava. E il suo
mondo non era certo una democrazia. Chaplin era un dittatore, un monarca
assoluto”. Così Dan James, assistente alla regia di Chaplin, definiva il
cineasta inglese.
Il confronto tra il clown più famoso al mondo e il mostruoso
dittatore sembra quasi inevitabile, a partire dalle date di nascita quasi identiche
(Chaplin è più anziano di Hitler di soli 4 giorni), l’infanzia difficile, la
vocazione creativa ma soprattutto un semplice, quanto evidente, particolare
estetico: i baffetti.
Come
avrebbe poi sostenuto Ejzenštejn: “L’ironia della sorte ha voluto che la
farfalla nera di due baffi di identico formato si posasse sul labbro superiore
di due uomini totalmente differenti. Uno dei due è una maschera, un’invenzione.
L’altro è reale, fatto di carne e sangue”.
La sceneggiatura del dittatore chapliniano, nata in germe dall’idea di raccontare la disfatta di Napoleone a Sant’Elena e di un suo sosia
pronto a rimettere in sesto l’impero, viene messa da parte e riadattata su
suggerimento degli eventi politici internazionali e, sembrerebbe, di alcune
affinità fin troppo evidenti che legavano i due personaggi pubblici.
Ecco quindi il primo film parlato del vagabondo, a ben 22
anni dall’avvento del sonoro, sembrerebbe ancora presente quello scetticismo
tutto chapliniano, nel discorso di Hynkel alla Tomania, con singhiozzi e rantoli,
che rappresenta il degno seguito dello strombettante discorso
nell’inaugurazione del monumento di Luci della città e del grammelot cantato in chiusura di Tempi
Moderni; una costrizione fonetica, una resistenza al parlato che si scioglie
magicamente nel finale del film, nel primo e ultimo grande discorso del vagabondo
all’umanità su cui Chaplin fu a lavoro, ininterrottamente, da aprile a giugno
del 1940.
Un film che ritorna nelle sale italiane grazie alla Cineteca
di Bologna che ha, da molti anni, avviato il “progetto Chaplin” nell’ottica di
ricostruire l’intera opera del cineasta inglese tramite la digitalizzazione, la
catalogazione dell’archivio cartaceo di Chaplin e il restauro della sua opera
filmica affidato al laboratorio de L’Immagine Ritrovata.
Ultima fatica, dopo il restauro di Tempi Moderni dello
scorso anno, è proprio Il grande dittatore a 76 anni dalla prima mondiale, avvenuta il 15 ottobre del 1940 a New York quando la critica americana, figlia
della tensione politica internazionale e di una reazione votata al
non-interventismo, lo accolse con critiche affatto lusinghiere. Più complesse
ed eterogene le reazioni di pubblico e critica oltreoceano. A Londra la prima
del film ebbe luogo il 16 dicembre del 1940, nel cuore del Blitz, quando Hitler
era un nemico ben vivo e presente, qui gli inglesi apprezzarono moltissimo la
comicità di Chaplin, senza le riserve espresse dagli americani.
Per venire a noi; è importante ricordare che, in Italia,
come ovviamente in Germania, la pellicola non arrivò prima della caduta dei
regimi totalitari, infarcita com’era della parodia dei fascismi europei. Al
fianco di Adenoid Hynkel, veniva posto un belligerante e tracagnotto Benzino
Napaloni, dittatore di Bacteria, interpretato da Jack Oakie. Quel che forse non
tutti sanno è che la pellicola è stata sottoposta a censura fino al 2002;
infatti, solo pochi anni fa il pubblico italiano ha potuto assistere alla
famosa scena del ballo tra Madame Napaloni (ovvero Rachele Mussolini) e Hynkel
nella visione integrale del film.
La lavorazione, complessa e caratterizzata dal proverbiale
perfezionismo di Chaplin – ogni scena veniva spesso girata venticinque/trenta
volte, basti pensare che in totale sono stati girati 3487 metri di pellicola
per l’intero film – si basava su una sceneggiatura tra le più complesse mai scritte
per un film di Hollywood, composta da trecento pagine (la media per un
lungometraggio è da cento a centocinquanta); un lavoro immane studiato ed
elaborato nell’apparato critico prodotto dalla Cineteca di Bologna e presente
nella pubblicazione del restauro in DVD.
Il prezioso cofanetto della Cineteca contiene il restauro
del film e molto altro: due dvd
racchiudono più di due ore di contenuti extra compreso il documentario a colori
girato, durante il backstage, da Sydney Chaplin; nel booklet curato da Cecilia Cenciarelli:
saggi sui dittatori e il cinema (Enno Patalas), sulle vicende distributive del
film in Italia (Maurizio Graziosi), sul contesto storico e la genesi artistica
(Cecilia Cenciarelli) e sulle scenografie e i bozzetti inediti di J. Russell
Spencer (Pietro Bellasi e David Robinson), un'antologia critica e una
cronologia che intreccia le tappe della produzione e distribuzione del film con
i principali eventi storici e politici.
Un contributo importantissimo per la conservazione, lo
studio e la diffusione di un film simbolo firmato dall’ “unico artista in
possesso dell’arma segreta del riso mortale” (Rudolph Arnheim).
A cura
di Marilù Ursi