REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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INTERVISTA A MARCO ROSSARI SUL LAVORO DEL TRADUTTORE
Venerdì 14 novembre GET UP! • Svegliamo l’editoria, il festival organizzato dall’associazione culturale Riga Quarantadue grazie al sostegno dei Laboratori dal Basso, affronta il tema della traduzione letteraria.
In attesa della lectio magistralis che terrà presso la Mediateca Regionale Pugliese a partire dalle ore 10,00, abbiamo sottoposto a Marco Rossari, traduttore dall’inglese e scrittore, alcune domande sul suo approccio a un lavoro delicato, indispensabile - spesso bistrattato - che non si riduce alla stesura della 'copia' di un'opera in una lingua diversa da quella originale, ma deve tenere conto di molti aspetti; il traduttore deve prima di tutto «intuire quello che ha provato lo scrittore».
La sera di venerdì alle 19,30 i lettori potranno, inoltre, incontrare Marco Rossari nelle vesti di narratore in occasione del reading dal suo libro L’unico scrittore buono è quello morto (e/o 2012) presso la Nuova Taverna del Maltese (via Nicolai 67, Bari).
Si sente spesso dire che il traduttore deve essere invisibile, ma d'altra parte è vero che senza il suo lavoro di mediazione l’opera non potrebbe essere accessibile a una buona parte del pubblico. In che modo la sua presenza si dovrebbe percepire?
Il traduttore è un paradosso: un fantasma onnipresente. E compare solo quando sbaglia, questa è la sua condanna. In realtà ogni testo, anche quello originale, è frutto di una mediazione, tra l'idea e la pagina, tra la pagina e l'editor, tra l'editor e lo scrittore, tra lo scrittore e la sua idea di lettore (che sia se stesso o il grande pubblico). Un ulteriore compromesso è quello di restituire il senso della forma e del contenuto di un testo in un italiano fedele a se stesso e all'originale, possibilmente senza tradire troppo. È difficile dire cosa dobbiamo percepire, perché bisognerebbe sempre aver letto l'originale. Se la traduzione ci sembra troppo elegante, è possibile che in inglese fosse così. Magari è scurrile, ma, poniamo, in scozzese com'era?
Il ruolo di mediatore fra autore e lettore implica una responsabilità enorme, e i lettori più consapevoli si chiedono sempre quanto il testo tradotto sia ‘fedele’ all’originale. Che cos’è la lealtà nella traduzione? Tu chi privilegi nei passaggi controversi: l’autore, il testo o il pubblico?
È una lealtà tripartita, piuttosto schizofrenica (d'altra parte la scissione dell'io è un presupposto minimo per cominciare a scrivere, figurarsi a tradurre). Devi essere fedele al testo, questa è la prima cosa: non travisare, non alterare, non sbagliare. Poi non puoi non essere fedele al tuo bagaglio culturale e lessicale, al quale devi attingere di continuo. Infine devi pensare al pubblico, al lettore, che deve leggere in italiano e non in traduttorese. Il confine è labile: se a un estremo abbiamo il goffo calco tipo «Non sbattere intorno al cespuglio» - invece di «Non menare il can per l'aia» (ma poi si usano ancora in italiano queste vecchie espressioni proverbiali?) -, all'altro estremo abbiamo Bruno Schulz che tradusse Josef K con Jurek K.
Tu sei anche scrittore: questo ti influenza nel lavoro di traduzione? È una convivenza pacifica o c’è conflitto?
È una convivenza. Quando scrivo, vorrei tradurre, perché è più rassicurante, in fondo hai un testo di partenza. Quando traduco, vorrei scrivere, perché nonostante le incertezze è più gratificante. Di certo mi avvicino al testo con tutta l'umiltà necessaria, e questo aiuta molto a riflettere - dopo - sulla propria pagina. A volte leggo libri italiani che non avrebbero bisogno di un editor, ma di un revisore di traduzione.
Si può riconoscere una buona traduzione senza aver letto il testo originale? Quali sono per un lettore i segnali di una traduzione ben fatta?
Come ho detto, si può riconoscere una pessima traduzione. Troppi calchi, troppi inciampi, sciatterie, eccetera. È difficile invece distinguere tra una buona traduzione e una eccellente. Inoltre bisogna stare attenti a non addomesticare troppo il testo originale per timore di risultare cattivi traduttori. Se una frase gira male in inglese, deve girare male in italiano, e pazienza se daranno tutta la colpa a te.
A cura di Antonietta Rubino