REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
COPYRIGHT POOL ASS.NE DI PROMOZIONE CULTURALE - C.F. 91088660724
LO SPETTACOLO DELL’UMANITà IN UN CINEMA A LUCI ROSSE
Danio Manfredini, attore, regista, pedagogo teatrale
ma anche pittore e musicista è uno dei punti di riferimento per il teatro
contemporaneo italiano, per una comunità che, come è emerso durante lo scorso
19 novembre al Teatro Kismet OperA, si è riunita in occasione di uno spettacolo
culto, il Cinema Cielo che è valso a Manfredini, nel 2004, il Premio UBU per la
regia e che offre una rara esperienza di visione allo spettatore teatrale
intorpidito degli ultimi tempi. Dopo 10 anni torna in scena a Bari insieme a
Danio Manfredini un cast impeccabile composto da: Patrizia Aroldi (anche
assistente alla regia), Vincenzo Del Prete e Giuseppe Semeraro.
Sul palco una sala cinematografica in cui scorre il tappeto
sonoro di un film liberamente ispirato a
Nostra signora dei fiori di Genet, libro-ossessione per Manfredini. In sala
manichini, travestiti, un’umanità disperata, eccentrica, visionaria, in cui si
alternano apparizioni grottesche e struggenti di una comunità sotterranea e
coloratissima. I personaggi danzano in una perfetta coreografia drammaturgica
che alterna le voci dello stralunato travestito brasiliano e del marchettaro
sordomuto al paralitico, l’immigrato, l’esibizionista, il babbo natale; in
questa sala agiscono i protagonisti di un’esistenza in cui il sesso è bisogno,
evasione, merce, voglia di compagnia e fantasma d’amore.
Il cinema in questa messa in scena è la platea di una sala a
luci rosse di Milano, il Cinema Cielo del titolo, ma anche il sogno nel
cassetto di Manfredini di far diventare Nostra
signora dei fiori di Genet un film, un progetto che si ridimensiona e si
trasforma in tappeto sonoro, in partitura ritmica per uno degli spettacoli più importanti
degli ultimi decenni; dall’altro lato, dove ci dovrebbe essere lo schermo
cinematografico ci siamo noi, gli spettatori, in questo gioco speculare che
annienta ogni possibilità di giudizio morale e distaccato e che risucchia il
pubblico sul palco come parte integrante di quella realtà iperbolica e fuori dagli
schemi ordinari, una realtà esistenziale più reale di molte altre raccontate a
teatro.
“Danio non mette in
scena i suoi testi teatrali (non è interessato alla regia, il suo è un teatro
dell’attore-autore), piuttosto rivive nella propria carne le visioni di
Genet…”, con queste parole Oliviero Ponte di Pino riassume perfettamente la
rappresentazione-incarnazione che avviene sulla scena guidata da Manfredini; in
questo contesto il riadattamento dell’opera di Genet è un’evocazione, un
riferimento di contrappunto a ciò che accade in scena, un interlocutore ritmico
ed emotivo per i personaggi che affollano la platea di questa sala
cinematografica in cui Cristo è un acrobata sui trampoli e noi ci ritroviamo, con i protagonisti di
questa storia, a bisbigliare le parole dei Pink Floyd che esplodono sulla
scena: “I can't explain, you would not understand. This is not how I am.
I have become comfortably numb”.
A cura di Marilù Ursi