REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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Proiettato in anteprima il 4 febbraio, Inside Llewyn Davis (in un italiano sempre minus habens per i titoli: A proposito di Davis – che evidentemente non è la stessa cosa) ci mostra la vita di un cantante folk squattrinato, senza prospettive e alla deriva.
È significativo che quella che, a conti fatti, è circa una settimana della vita del protagonista sia rappresentata in modo che il tempo sia dilatato e contratto per tutta la durata del film tranne che nei momenti in cui Llewyn (Oscar Isaac) canta, accompagnato da una chitarra e non più dal suo partner musicale, morto suicida (sul perché della scelta del Washington Bridge ironizza un cinico John Goodman nei panni di Roland Turner). Il canto per Llewyn si fa quindi scena (il tempo reale corrisponde al tempo narrativo, il che in genere accade solo per i dialoghi. E infatti la musica sembra essere l´unico linguaggio con cui il protagonista riesca a comunicare).
E se narrativamente l´andamento della storia è lento in maniera a volte iperbolica, è perché entrare in Llewyn significa vivere al suo ritmo per tutta la durata del film, un ritmo rallentato, da spettatore che guarda la propria vita fuori dal finestrino. Nessuna decisione significativa può redimere il protagonista, non un rigurgito di paternità, non la compassione per un gatto (ne prova, ma fino a un certo punto). Godere delle inquadrature è quanto si può fare da spettatore quando il ritmo si fa troppo lento, eppure l´intreccio riserva una sorpresa nel finale: la narrazione si riavvolge su se stessa a testimoniare l´impossibile riscatto, a intrappolare il cantante in una spirale di insuccessi, una dannazione eterna.
Non è tanto la sfortuna dell´artista a suscitare empatia nello spettatore, quanto la sua mancanza di straordinarietà: Llewyn vuole vivere della sua musica ma non sa leggere uno spartito e sembra non impegnarsi mai seriamente per raggiungere il suo obiettivo; si lascia trasportare come se aspettasse che il mondo comprenda improvvisamente il suo genio, un genio che forse non ha.
A inizio e fine film, commentando la sua canzone dal palco di un localetto del Village di New York, Llewyn ci dice che «Se non è mai stata nuova e non invecchia mai è una canzone folk»: il rischio di un´opera senza tempo è però che non sia memorabile.
A cura di Carlotta Susca